giovedì 26 novembre 2009


Il presidente Carlo Azeglio Ciampi, uomo delle istituzioni,
sempre equilibrato dice con amarezza: «Viviamo un tempo
triste.
Negli anni finali della mia vita, non immaginavo davvero
di dover assistere ad un simile imbarbarimento dell'azione
politica, ad una aggressione così brutale e sistematica
delle istituzioni e dei valori nei quali ho creduto...».

"Vede la mia amarezza deriva dalla constatazione ormai
quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma
non solo sulla giustizia. È in corso un vero e proprio
degrado dei valori collettivi, si percepisce un senso
di continua manipolazione delle regole, una perdita
inesorabile di quelli che sono i punti cardinali del
nostro vivere civile".

"Qui non è più una questione di battaglia politica,
che può essere anche aspra, come è naturale in ogni democrazia.
Qui si destabilizzano i riferimenti più solidi dell'edificio democratico,
cioè le istituzioni, e si umiliano i valori che le istituzioni rappresentano.
Questa è la mia amara riflessione..."."Mi ricordo un bel libro di Marc Lazar,
uscito un paio d'anni fa, nel quale io e Berlusconi venivamo raccontati come
gli estremi di un pendolo: da una parte Ciampi, l'uomo che difende le
istituzioni,e dall'altra parte Berlusconi, l'uomo che delegittima le
istituzioni.
Mai come oggi mi sento di dire che questa immagine riassume alla
perfezione quello che penso. Io ho vissuto tutta la mia vita nelle
istituzioni e per le istituzioni, che sono il cuore della democrazia.

E non dimentico la lezioni di Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione napoletana
del 1797: alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli
uomini,le istituzioni oltrepassano i limiti delle generazioni.
Ma poi, a rendere vitali le istituzioni, occorrono gli uomini, le loro
passioni civili, i loro ideali di democrazia.
Ed io, oggi, è proprio questo che vedo mancare in chi ci governa...".

"Le riforme si fanno per i cittadini, non per i singoli.
L'ho sempre pensato, ed oggi ne sono più che mai convinto: basta con le
leggi ad personam, che non risolvono i problemi della gente e non
aiutano il Paese a migliorare".

"Io non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al
Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della
promulgazione.
Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che
giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento
riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto
a firmarla.
Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione
prevede espressamente questa prerogativa presidenziale. La si usi: è un
modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al
Parlamento e all'opinione pubblica".
"Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l'unica regola da
rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò che puoi.
Detto altrimenti: resisti".

"È vero, ma ho fatto solo il mio dovere.
C'è solo una cosa, della quale mi rammarico ancora oggi: il mio unico
messaggio alle Camere, quello sul pluralismo del sistema radiotelevisivo
e dell'informazione. Allora era un tema cruciale, per la qualità della
nostra democrazia. Il Parlamento non lo raccolse, e da allora non si è
fatto niente.

Oggi, e basta guardare la televisione per rendersene conto, quel tema
è ancora più grave. Una vera e propria emergenza".
"Io per il ruolo che ho ricoperto non uso firmare appelli. Ma condivido
dalla prima all'ultima riga quello di Saviano.
Risponde a uno dei principi che mi hanno guidato per tutta la vita.
E il fatto che abbia ottenuto così tante adesioni rappresenta una
speranza, soprattutto per i giovani.
È il vecchio motto dei fratelli Rosselli: non mollare.
Loro pagarono con la vita la fedeltà a questo principio. Qui ed ora,
in Italia, non c'è in gioco la vita delle persone.
Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali
abbiamo creduto.
In ballo c'è la buona democrazia: credetemi,è abbastanza per non mollare".

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Il presidente Carlo Azeglio Ciampi, uomo delle istituzioni,
sempreequilibrato dice con amarezza:
«Viviamo un tempo triste. Negli anni finali della mia vita,
nonimmaginavo davvero di dover assistere ad un simile
imbarbarimentodell'azione politica, ad una aggressione
così brutale e sistematica delle istituzioni e dei
valori nei quali ho creduto...».

"Vede la mia amarezza deriva dalla constatazione ormai
quotidianadi quantosta accadendo sulla giustizia, ma
non solo sulla giustizia.
È in corso unvero e proprio degrado dei valori collettivi,
si percepisce un senso di continua manipolazione delle
regole,una perdita inesorabile di quelli che sono i punti
cardinalidelnostro vivere civile".

"Qui non è più una questione di battaglia politica, che può
essere anche aspra, come è naturale in ogni democrazia.
Qui si destabilizzanoi riferimenti più solidi dell'edificio
democratico,cioè le istituzioni,e si umiliano i valori che
le istituzioni rappresentano.
Questa è la mia amara riflessione...".
"Mi ricordo un bel libro di Marc Lazar, uscito un paio d'anni fa,
nel quale io e Berlusconi venivamo raccontati come gli estremi di
un pendolo:da una parte Ciampi, l'uomo che difende le istituzioni,
e dall'altra parteBerlusconi, l'uomo che delegittima le istituzioni.
Mai come oggi mi sento di dire che questa immagine riassume alla
perfezione quello che penso.
Io ho vissuto tutta la mia vita nelle istituzioni e perle istituzioni,
che sono il cuore della democrazia. E non dimentico la lezioni di
Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione napoletana del 1797:
alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli uomini,
le istituzioni oltrepassano i limiti delle generazioni.
Ma poi, a rendere vitali le istituzioni, occorrono gli uomini, le loro
passioni civili, i loro ideali di democrazia. Ed io, oggi, è proprio
questo che vedo mancare in chi ci governa".

"Le riforme si fanno per i cittadini, non per i singoli. L'ho sempre
pensato, ed oggi ne sono più che mai convinto: basta con le leggi ad
personam, che non risolvono i problemi della gente e non aiutano il
Paese a migliorare"."Io non do consigli a nessuno, meno che mai a
chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi
poteri, ha quello della promulgazione.
Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento
che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il
Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente
è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in
prima lettura:
la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale.
La si usi: è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole
alterare le regole, al Parlamento e all'opinione pubblica".

"Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l'unica regola
da rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò che puoi.
Detto altrimenti: resisti".

"È vero, ma ho fatto solo il mio dovere.
C'è solo una cosa, della qualemi rammarico ancora oggi: il mio
unico messaggio alle Camere, quello sul pluralismo del sistema
radiotelevisivo e dell'informazione.
Allora era un tema cruciale, per la qualità della nostra democrazia.
Il Parlamento non lo raccolse, e da allora non si è fatto niente.
Oggi, e basta guardare la televisione per rendersene conto, quel
tema è ancora più grave. Una vera e propria emergenza".

"Io per il ruolo che ho ricoperto non uso firmare appelli.
Ma condivido dalla prima all'ultima riga quello di Saviano.

Risponde a uno dei principi che mi hanno guidato per tutta
la vita. E il fatto che abbia ottenuto così tante adesioni
rappresenta una speranza, soprattutto per i giovani.
È il vecchio motto dei fratelli Rosselli: non mollare.
Loro pagarono con la vita la fedeltà a questo principio.

Qui ed ora, in Italia, non c'è in gioco la vita delle persone.
Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali
abbiamocreduto. In ballo c'è la buona democrazia: credetemi, è
abbastanza per non mollare".

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